Le storie del bosco bruno
Dal racconto: Una notte nel blu
(incipit)
Se passate in una qualsiasi limpida sera per quel viottolo stretto e ombroso che si perde nel bosco bruno,
«Sì, proprio quello che porta al laghetto di Pino»
e, se alzate gli occhi, vedrete affacciata alla finestra della casetta rosa una bimba bruna, di nome Penelope, che guarda il cielo stellato e sembra voglia salutare qualcuno. Io so perché saluta le stelle; l’ho saputo da un mio amico chiacchierone che è stato coinvolto in una straordinaria avventura e io, che non sono da meno di lui, voglio raccontarvela.
«Mi state seguendo miei piccoli lettori?»
Prima di coricarsi Penelope guardava curiosa il cielo e soliloquiava chiedendosi perché non tutta la volta celeste fosse trapuntata di stelle. Una sera il ragno Camillo,
«Avete capito bene, il mio amico chiacchierone!»
stanco di sentire la voce della bambina perché aveva filato tutto il giorno, la interruppe: - Basta, ho sonno, va’ a dormire anche tu! Penelope non si meravigliò che un ragno potesse parlare.
«Tutto è possibile per un bambino piccolo, voi lo sapete bene!»
E gli chiese: - Puoi aiutarmi?
— Certo, basta che poi mi lasci in pace!
rispose il ragno Camillo, — ti filo subito una lunga scala, così sali in cielo e ti renderai conto di quante cose strane e meravigliose ci sono anche nelle parti più oscure. Intanto vai a metterti qualcosa di caldo, perché lassù fa molto freddo e poi va’ tranquilla, attenta a non perdere il mio filo!
Penelope s’infilò frettolosamente una tuta da neve, una sciarpa a righe rosse e blu e un enorme berretto rosso: sembrava il pupazzo di neve che d’inverno adorna il giardino della sua casa. Si presentò sulla finestra pronta ad affrontare quell’avventura emozionante.
Una scala fatta di tela di ragno, resa luminosa dalla rugiada notturna, partiva dal davanzale della finestra e si perdeva nella parte oscura dell’infinito. La bimba si guardò intorno per ringraziare il ragno ma non lo vide, forse era andato a dormire...
Lentamente, gradino dopo gradino, Penelope saliva, ogni tanto guardava verso il basso e pian piano vedeva rimpicciolire tutto il suo mondo che lentamente s’ immergeva nel blu più profondo. Non riusciva a vedere nè l’inizio nè la fine della scala che sembravano immersi nel nulla.
Dovete sapere che la bimba non aveva paura della notte, anzi, la sentiva così amica che le sembrava un’enorme coperta che l’avvolgeva.
«E voi, miei piccoli amici, avete paura del buio? No, vero! Così mi piacete.»
Ma la piccola si era stancata. Non riusciva più a salire, ogni scalino le sembrava sempre più alto. All’improvviso uno strano e oscuro ramo adunco le colpì il berretto. Lei alzò gli occhi e aiutandosi con la piccola pila che prima di partire aveva infilato in tasca, vide sopra la testa un intreccio di rami storti che si infilavano e uscivano da un terriccio morbido e scuro, e la scala del ragno finiva lì. La terra emanava lo stesso odore che la bimba sentiva quando il papà trapiantava un albero in giardino.
Il silenzio era rotto da un lieve brusio. Penelope gridò: — C’è qualcuno? La risposta non tardò. La terra si mosse e un enorme verme fece capolino.
— Chi mi disturba? — chiese quest’ultimo che non vedeva nessuno.
La bimba rivolse la pila verso se stessa e tranquilla come fosse la cosa più normale del mondo rispose: – Sono io. Penelope, riesci a vedermi? Vengo da lontano e sono stanca!
(incipit)
Se passate in una qualsiasi limpida sera per quel viottolo stretto e ombroso che si perde nel bosco bruno,
«Sì, proprio quello che porta al laghetto di Pino»
e, se alzate gli occhi, vedrete affacciata alla finestra della casetta rosa una bimba bruna, di nome Penelope, che guarda il cielo stellato e sembra voglia salutare qualcuno. Io so perché saluta le stelle; l’ho saputo da un mio amico chiacchierone che è stato coinvolto in una straordinaria avventura e io, che non sono da meno di lui, voglio raccontarvela.
«Mi state seguendo miei piccoli lettori?»
Prima di coricarsi Penelope guardava curiosa il cielo e soliloquiava chiedendosi perché non tutta la volta celeste fosse trapuntata di stelle. Una sera il ragno Camillo,
«Avete capito bene, il mio amico chiacchierone!»
stanco di sentire la voce della bambina perché aveva filato tutto il giorno, la interruppe: - Basta, ho sonno, va’ a dormire anche tu! Penelope non si meravigliò che un ragno potesse parlare.
«Tutto è possibile per un bambino piccolo, voi lo sapete bene!»
E gli chiese: - Puoi aiutarmi?
— Certo, basta che poi mi lasci in pace!
rispose il ragno Camillo, — ti filo subito una lunga scala, così sali in cielo e ti renderai conto di quante cose strane e meravigliose ci sono anche nelle parti più oscure. Intanto vai a metterti qualcosa di caldo, perché lassù fa molto freddo e poi va’ tranquilla, attenta a non perdere il mio filo!
Penelope s’infilò frettolosamente una tuta da neve, una sciarpa a righe rosse e blu e un enorme berretto rosso: sembrava il pupazzo di neve che d’inverno adorna il giardino della sua casa. Si presentò sulla finestra pronta ad affrontare quell’avventura emozionante.
Una scala fatta di tela di ragno, resa luminosa dalla rugiada notturna, partiva dal davanzale della finestra e si perdeva nella parte oscura dell’infinito. La bimba si guardò intorno per ringraziare il ragno ma non lo vide, forse era andato a dormire...
Lentamente, gradino dopo gradino, Penelope saliva, ogni tanto guardava verso il basso e pian piano vedeva rimpicciolire tutto il suo mondo che lentamente s’ immergeva nel blu più profondo. Non riusciva a vedere nè l’inizio nè la fine della scala che sembravano immersi nel nulla.
Dovete sapere che la bimba non aveva paura della notte, anzi, la sentiva così amica che le sembrava un’enorme coperta che l’avvolgeva.
«E voi, miei piccoli amici, avete paura del buio? No, vero! Così mi piacete.»
Ma la piccola si era stancata. Non riusciva più a salire, ogni scalino le sembrava sempre più alto. All’improvviso uno strano e oscuro ramo adunco le colpì il berretto. Lei alzò gli occhi e aiutandosi con la piccola pila che prima di partire aveva infilato in tasca, vide sopra la testa un intreccio di rami storti che si infilavano e uscivano da un terriccio morbido e scuro, e la scala del ragno finiva lì. La terra emanava lo stesso odore che la bimba sentiva quando il papà trapiantava un albero in giardino.
Il silenzio era rotto da un lieve brusio. Penelope gridò: — C’è qualcuno? La risposta non tardò. La terra si mosse e un enorme verme fece capolino.
— Chi mi disturba? — chiese quest’ultimo che non vedeva nessuno.
La bimba rivolse la pila verso se stessa e tranquilla come fosse la cosa più normale del mondo rispose: – Sono io. Penelope, riesci a vedermi? Vengo da lontano e sono stanca!