
Festa pagana veneta di origine celtica
Nelle terre abitate dai Celti era il Capodanno, il Samuin, e la notte precedente, per intenderci quella fra il 31 ottobre ed il 1 novembre, era la notte detta Nos Galan-gaeaf (notte delle calende d’inverno): questa notte era considerata il punto di maggior contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti ed era celebrata con una grande festa, ma festa pagana.
Furono i cristiani franchi che istituirono in questa data la festa di Ognissanti.
Halloween?…poi tornare a quattro piedi
sui propri passi, pian piano e
senza togliere la lingua di tra
i denti: forse se si togliesse la
lingua di tra i denti succederebbe
qualcosa di spaventoso…
Italo Calvino
(Il sentiero dei nidi di ragno)
Esce negli anni '60 una nuova rivista: Linus. Non è il solito rotocalco patinato. E' una piccola raccolta nel campo dei fumetti, dalle tendenze nuove per molti cultori di questo nuovo tipo di letteratura e che dà gioia.
Io sono una di loro.
In Linus ci sono delle strip che ci giungono dagli Stati Uniti, come: I Peanuts e Crazy Cat. Nel primo ritrovo un ricordo lontano, una festa forse legata alle tradizioni popolari, forse religiosa o addirittura pagana della campagna veneta che assomiglia straordinariamente alla notte di Halloween. Dicono che questa sia una festa di origine celtica, ma io la ritrovo intatta in un mio ricordo "sul far della sera" di un 31 ottobre del lontano 1944, che mi ritorna prepotentemente…
Mi rivedo accoccolata su di uno di quei quadrati di terra contornati da un cordolo e addossati al muro di una piccola barchessa annessa alla casa degli zii a Rivalta e che servivano ad alloggiare le vigne d'uva da tavola e la pergola che si formava, serviva d'estate a far ombra.
La pianta in questa stagione, già saccheggiata dei suoi frutti, si arrampicava tutta storta, sfilacciata e formava, con i suoi rami contorti, un ombrello di foglie ruggini accartocciate: giocavo.
Dalla stradina sterrata, che fiancheggiava il giardino, mi giunsero delle voci ed uno scalpiccio, mi volsi e vidi delle tremule luci e delle ombre lugubri e scure che lentamente si avvicinavano. Attirata da quei rumori, zia Prima uscì di casa, e quando vide quello strano corteo, rientrò e subito riuscì con un cestino fra le mani, mi guardò; sorrise e aspettò.
Le ombre e le luci tremolanti varcarono il grande cancello ed entrarono in giardino.
Il tramonto stava per lasciare spazio alla notte, si vedevano nel cielo lontano strisce nere e porpora, si sentiva nell'aria immota un lieve profumo di polenta che veniva dai paioli delle case di campagna.
Io ero raggelata, perché le ombre che lentamente avanzavano, non avevano forma ed erano sinistramente illuminate da quelle strane teste di mostri che forse tenevano in mano. Mostri dai denti aguzzi da dove uscivano lingue di fuoco. Si avvicinarono. Le ombre presero una dimensione, erano forse uomini molto alti e vestiti con delle palandrane lunghe fino ai piedi, il loro volto era nascosto da orrende maschere e in mano sorreggevano delle zucche enormi scavate e intagliate in modo di dare a loro un aspetto mostruoso, nel loro interno c'erano delle candele accese.
Vi posso assicurare che quella bambina seduta ai piedi del tronco di una vite era diventata di sale e si sentiva parte integrante di quel tronco storto, cercava anche di trattenere il respiro, in cuor suo sperava di non essere notata da quei loschi figuri.
I mostri mi si avvicinarono e vedendo nei miei occhi il terrore che avevano provocato, risero sguaiatamente.
La zia, per nulla impressionata, porse loro il cestino che teneva in mano e Li salutò ridendo…finalmente se ne andarono.
Non ho mai approfondito che festa fosse, allora era troppa la paura che avevo avuto, solo a ricordarla mi faceva star male e la zia non pensò di darmi una pur minima spiegazione. Allora gli adulti non pensavano che un bambino potesse avere un'anima, ma ho ritrovata tutta la mia paura nel "Grande, Cocomero" dove Linus nell'orto delle zucche lo aspettava nella notte di Halloween.
° ° °
Ilaria, sapendo quanto io sia legata a questo ricordo, mi ha portato da un suo viaggio una zucca di terracotta vuota e nella notte della festa di Ognissanti, la porto in giardino e nel suo interno metto un lumino rosso acceso. Prima di andare a letto esco a guardarla e risento sulla pelle il brivido di paura che mi riporta a quel ricordo lontano.
Nelle terre abitate dai Celti era il Capodanno, il Samuin, e la notte precedente, per intenderci quella fra il 31 ottobre ed il 1 novembre, era la notte detta Nos Galan-gaeaf (notte delle calende d’inverno): questa notte era considerata il punto di maggior contatto tra il mondo dei vivi e quello dei morti ed era celebrata con una grande festa, ma festa pagana.
Furono i cristiani franchi che istituirono in questa data la festa di Ognissanti.
Halloween?…poi tornare a quattro piedi
sui propri passi, pian piano e
senza togliere la lingua di tra
i denti: forse se si togliesse la
lingua di tra i denti succederebbe
qualcosa di spaventoso…
Italo Calvino
(Il sentiero dei nidi di ragno)
Esce negli anni '60 una nuova rivista: Linus. Non è il solito rotocalco patinato. E' una piccola raccolta nel campo dei fumetti, dalle tendenze nuove per molti cultori di questo nuovo tipo di letteratura e che dà gioia.
Io sono una di loro.
In Linus ci sono delle strip che ci giungono dagli Stati Uniti, come: I Peanuts e Crazy Cat. Nel primo ritrovo un ricordo lontano, una festa forse legata alle tradizioni popolari, forse religiosa o addirittura pagana della campagna veneta che assomiglia straordinariamente alla notte di Halloween. Dicono che questa sia una festa di origine celtica, ma io la ritrovo intatta in un mio ricordo "sul far della sera" di un 31 ottobre del lontano 1944, che mi ritorna prepotentemente…
Mi rivedo accoccolata su di uno di quei quadrati di terra contornati da un cordolo e addossati al muro di una piccola barchessa annessa alla casa degli zii a Rivalta e che servivano ad alloggiare le vigne d'uva da tavola e la pergola che si formava, serviva d'estate a far ombra.
La pianta in questa stagione, già saccheggiata dei suoi frutti, si arrampicava tutta storta, sfilacciata e formava, con i suoi rami contorti, un ombrello di foglie ruggini accartocciate: giocavo.
Dalla stradina sterrata, che fiancheggiava il giardino, mi giunsero delle voci ed uno scalpiccio, mi volsi e vidi delle tremule luci e delle ombre lugubri e scure che lentamente si avvicinavano. Attirata da quei rumori, zia Prima uscì di casa, e quando vide quello strano corteo, rientrò e subito riuscì con un cestino fra le mani, mi guardò; sorrise e aspettò.
Le ombre e le luci tremolanti varcarono il grande cancello ed entrarono in giardino.
Il tramonto stava per lasciare spazio alla notte, si vedevano nel cielo lontano strisce nere e porpora, si sentiva nell'aria immota un lieve profumo di polenta che veniva dai paioli delle case di campagna.
Io ero raggelata, perché le ombre che lentamente avanzavano, non avevano forma ed erano sinistramente illuminate da quelle strane teste di mostri che forse tenevano in mano. Mostri dai denti aguzzi da dove uscivano lingue di fuoco. Si avvicinarono. Le ombre presero una dimensione, erano forse uomini molto alti e vestiti con delle palandrane lunghe fino ai piedi, il loro volto era nascosto da orrende maschere e in mano sorreggevano delle zucche enormi scavate e intagliate in modo di dare a loro un aspetto mostruoso, nel loro interno c'erano delle candele accese.
Vi posso assicurare che quella bambina seduta ai piedi del tronco di una vite era diventata di sale e si sentiva parte integrante di quel tronco storto, cercava anche di trattenere il respiro, in cuor suo sperava di non essere notata da quei loschi figuri.
I mostri mi si avvicinarono e vedendo nei miei occhi il terrore che avevano provocato, risero sguaiatamente.
La zia, per nulla impressionata, porse loro il cestino che teneva in mano e Li salutò ridendo…finalmente se ne andarono.
Non ho mai approfondito che festa fosse, allora era troppa la paura che avevo avuto, solo a ricordarla mi faceva star male e la zia non pensò di darmi una pur minima spiegazione. Allora gli adulti non pensavano che un bambino potesse avere un'anima, ma ho ritrovata tutta la mia paura nel "Grande, Cocomero" dove Linus nell'orto delle zucche lo aspettava nella notte di Halloween.
° ° °
Ilaria, sapendo quanto io sia legata a questo ricordo, mi ha portato da un suo viaggio una zucca di terracotta vuota e nella notte della festa di Ognissanti, la porto in giardino e nel suo interno metto un lumino rosso acceso. Prima di andare a letto esco a guardarla e risento sulla pelle il brivido di paura che mi riporta a quel ricordo lontano.