...Allora gli furono presentati dei bambini
perché imponesse loro le mani e pregasse:
ma i discepoli sgridarono coloro che glieli
presentavano. Gesù però disse: lasciate i
piccoli fanciulli e non vietate loro di venire
a me, perché di tali è il regno de'cieli
VANGELO SECONDO MATTEO 19 (13,14)
I MIEI QUATTRO ANNI E IL CORPUS DOMINI
La mamma possedeva una scatola di cartone rossa, sul coperchio c'era un bellissimo disegno di una geisha. Quella scatola, a suo tempo, era stata un contenitore per cioccolatini, e per me era il pozzo delle meraviglie. Il contenuto mi affascinava. C'era di tutto: nastri, ritagli di stoffe preziose, pezzetti di tulle ricamato, metri di merletti e anche una spilla rotta.La mamma, al bisogno, la prendeva da un nascondiglio e la apriva. Io mi attaccavo al tavolo e in punta di piedi, perché ero troppo piccola, guardavo affascinata il suo contenuto. No, non potevo toccare!Faceva già caldo, l'estate, per i grandi, era arrivata prima del tempo e quel mattino la mamma sciorinò sopra il tavolo della mezza cucina il contenuto di quella scatola preziosa. Scelse i nastri colorati, li stirò e li misurò, poi mi guardò e con fare sconfortato mi disse: "Sei cresciuta, ma spero di poterti ricavare comunque il vestitino per la festa del Corpus Domini".Non conoscevo questa festa, ma ero felice lo stesso perché i nastri colorati e lucidi mi piacevano troppo.Dirce. La dolce Dirce, aveva già preparato un cestino di vimini col manico lungo adornato con carta crespata.Arrivò il giorno della festa. La mamma mi vestì, mi sentii una bambola: i nastri arricciati e sovrapposti danzavano ad ogni mio movimento. Unico neo, ai miei piedi avevo i vecchi zoccoletti. Non importava. Lei mi pettinò e con avanzi di nastro mi legò le trecce. Già da allora ero ambiziosa come una scimmietta.Dirce mi chiamò. Volai giù per la scalinata e la raggiunsi in giardino per raccogliere i petali delle rose. La zia Prima, dalla finestra della sua camera, gridò: "Mi raccomando Dirce, non prendere le rose appena sbocciate, ma solo quelle che stanno sfiorendo!"Il cestino fu riempito di petali odorosi, ci voltammo a salutare la mamma; uscimmo dal cancello e ci avviammo sullo stradone assolato che portava a Casale. Faceva caldo. Il lungo tragitto non fu mai così breve come quel giorno. Eravamo sole, i nastri arricciati del mio vestitino danzavano ad ogni passo e io camminavo impettita come se ci fossero migliaia di spettatori a guardarmi.Il paese ci venne incontro, le case basse, che ospitavano le botteghe, si riversavano nello stradone.Ricordo la Chiesa. La costruzione, in stile ottocento, era adagiata su di un prato, al di sotto del livello stradale, forse era vicina al fiume; da un lato si poteva accedere anche da una scaletta, ricordo che c'erano parapetti di recinzione.Alla spicciolata, da tutte le parti, arrivavano i fedeli vestiti a festa, c'erano anche molte bambine vestite di bianco che tenevano in mano i cestini di petali di rose, ma il mio, adornato anche da avanzi di nastri, era il più bello.Scendemmo; io ero felice ed emozionata, avevo un po' di timore, ricordavo nel mio breve passato il parroco di S. Martino a Treviso. Mi faceva soggezione e mi aveva proibito di portare la carrozzina della bambola in chiesa durante la S. Messa.Entrammo in chiesa, ci venne incontro una penombra fresca.. Dirce, che mi teneva per mano, si avvicinò all'acquasantiera tuffò le dita, e mi bagnò la manina. Ci facemmo il segno della Croce. Questo lo facevo bene perché la mamma quando si coricava, prima di addormentarsi e al risveglio si faceva tre segni della Croce e sciorinava a voce alta il suo repertorio di preghiere. Non so il perché ma a me piacevano il "Credo" e "l'Angelo di Dio". Questa sua abitudine cessò all'improvviso solo quando in tarda età fu colpita da un ictus.Ci avviammo verso l'altare Maggiore addobbato di rose e candele accese tra due ali di banchi gremiti da fedeli; i posti di sinistra ospitavano le donne, tutte velate, e in quelli di destra c'erano gli uomini. Arrivammo all'altezza dei primi banchi, dove c'erano i bambini; e... all'improvviso, come nata dal nulla, ci si parò davanti una suora che senza dir niente mi prese con due dita l'orecchio e mi trascinò fuori: Dirce ci seguiva. Tutti mi guardavano.Non riuscivo a capire il motivo di questo strano atteggiamento, a me sembrava di non aver fatto niente di male; qui non c'era la carrozzina. Mah!La suora si fermò sul sagrato e solo allora mollò la presa, il mio orecchio, rosso e dolorante, doveva essersi allungato di qualche centimetro! Ella si rivolse a Dirce e con voce alterata la redarguì. "Cara mia, come ti sei permessa di portare in chiesa una bambina con la veste così corta, Gesù, che ci sta guardando, piange!" Dirce, tutta contrita, chinò il capo e non avendo il coraggio di ribattere mi afferrò la mano e dopo aver attraversato il prato salimmo la rampa di scale. Piangevo silenziosamente, perché dentro il mio cuore, non accettavo quel castigo, non capivo la ragione, né l'avrei mai capita: la mamma mi diceva sempre che Gesù voleva bene ai bambini! Ricordo ancora gli occhi colmi di rimprovero dei fedeli, che dai banchi avevano seguito la mia ingloriosa uscita.Non tornammo subito a casa. Dirce voleva seguire la processione, sostammo vicino ai parapetti; i cori, i profumi delle rose e dell'incenso salivano a farci compagnia. La cerimonia finì e ci avviammo verso casa. Volevo la mamma.Il mio vestito, inondato di lacrime, non danzava più e i petali delle rose della zia erano miseramente appassiti.
Racconto tratto dal libro "Il Muro dietro la Porta" Piazza Editore 2001. pag.125 Euro 7,75
perché imponesse loro le mani e pregasse:
ma i discepoli sgridarono coloro che glieli
presentavano. Gesù però disse: lasciate i
piccoli fanciulli e non vietate loro di venire
a me, perché di tali è il regno de'cieli
VANGELO SECONDO MATTEO 19 (13,14)
I MIEI QUATTRO ANNI E IL CORPUS DOMINI
La mamma possedeva una scatola di cartone rossa, sul coperchio c'era un bellissimo disegno di una geisha. Quella scatola, a suo tempo, era stata un contenitore per cioccolatini, e per me era il pozzo delle meraviglie. Il contenuto mi affascinava. C'era di tutto: nastri, ritagli di stoffe preziose, pezzetti di tulle ricamato, metri di merletti e anche una spilla rotta.La mamma, al bisogno, la prendeva da un nascondiglio e la apriva. Io mi attaccavo al tavolo e in punta di piedi, perché ero troppo piccola, guardavo affascinata il suo contenuto. No, non potevo toccare!Faceva già caldo, l'estate, per i grandi, era arrivata prima del tempo e quel mattino la mamma sciorinò sopra il tavolo della mezza cucina il contenuto di quella scatola preziosa. Scelse i nastri colorati, li stirò e li misurò, poi mi guardò e con fare sconfortato mi disse: "Sei cresciuta, ma spero di poterti ricavare comunque il vestitino per la festa del Corpus Domini".Non conoscevo questa festa, ma ero felice lo stesso perché i nastri colorati e lucidi mi piacevano troppo.Dirce. La dolce Dirce, aveva già preparato un cestino di vimini col manico lungo adornato con carta crespata.Arrivò il giorno della festa. La mamma mi vestì, mi sentii una bambola: i nastri arricciati e sovrapposti danzavano ad ogni mio movimento. Unico neo, ai miei piedi avevo i vecchi zoccoletti. Non importava. Lei mi pettinò e con avanzi di nastro mi legò le trecce. Già da allora ero ambiziosa come una scimmietta.Dirce mi chiamò. Volai giù per la scalinata e la raggiunsi in giardino per raccogliere i petali delle rose. La zia Prima, dalla finestra della sua camera, gridò: "Mi raccomando Dirce, non prendere le rose appena sbocciate, ma solo quelle che stanno sfiorendo!"Il cestino fu riempito di petali odorosi, ci voltammo a salutare la mamma; uscimmo dal cancello e ci avviammo sullo stradone assolato che portava a Casale. Faceva caldo. Il lungo tragitto non fu mai così breve come quel giorno. Eravamo sole, i nastri arricciati del mio vestitino danzavano ad ogni passo e io camminavo impettita come se ci fossero migliaia di spettatori a guardarmi.Il paese ci venne incontro, le case basse, che ospitavano le botteghe, si riversavano nello stradone.Ricordo la Chiesa. La costruzione, in stile ottocento, era adagiata su di un prato, al di sotto del livello stradale, forse era vicina al fiume; da un lato si poteva accedere anche da una scaletta, ricordo che c'erano parapetti di recinzione.Alla spicciolata, da tutte le parti, arrivavano i fedeli vestiti a festa, c'erano anche molte bambine vestite di bianco che tenevano in mano i cestini di petali di rose, ma il mio, adornato anche da avanzi di nastri, era il più bello.Scendemmo; io ero felice ed emozionata, avevo un po' di timore, ricordavo nel mio breve passato il parroco di S. Martino a Treviso. Mi faceva soggezione e mi aveva proibito di portare la carrozzina della bambola in chiesa durante la S. Messa.Entrammo in chiesa, ci venne incontro una penombra fresca.. Dirce, che mi teneva per mano, si avvicinò all'acquasantiera tuffò le dita, e mi bagnò la manina. Ci facemmo il segno della Croce. Questo lo facevo bene perché la mamma quando si coricava, prima di addormentarsi e al risveglio si faceva tre segni della Croce e sciorinava a voce alta il suo repertorio di preghiere. Non so il perché ma a me piacevano il "Credo" e "l'Angelo di Dio". Questa sua abitudine cessò all'improvviso solo quando in tarda età fu colpita da un ictus.Ci avviammo verso l'altare Maggiore addobbato di rose e candele accese tra due ali di banchi gremiti da fedeli; i posti di sinistra ospitavano le donne, tutte velate, e in quelli di destra c'erano gli uomini. Arrivammo all'altezza dei primi banchi, dove c'erano i bambini; e... all'improvviso, come nata dal nulla, ci si parò davanti una suora che senza dir niente mi prese con due dita l'orecchio e mi trascinò fuori: Dirce ci seguiva. Tutti mi guardavano.Non riuscivo a capire il motivo di questo strano atteggiamento, a me sembrava di non aver fatto niente di male; qui non c'era la carrozzina. Mah!La suora si fermò sul sagrato e solo allora mollò la presa, il mio orecchio, rosso e dolorante, doveva essersi allungato di qualche centimetro! Ella si rivolse a Dirce e con voce alterata la redarguì. "Cara mia, come ti sei permessa di portare in chiesa una bambina con la veste così corta, Gesù, che ci sta guardando, piange!" Dirce, tutta contrita, chinò il capo e non avendo il coraggio di ribattere mi afferrò la mano e dopo aver attraversato il prato salimmo la rampa di scale. Piangevo silenziosamente, perché dentro il mio cuore, non accettavo quel castigo, non capivo la ragione, né l'avrei mai capita: la mamma mi diceva sempre che Gesù voleva bene ai bambini! Ricordo ancora gli occhi colmi di rimprovero dei fedeli, che dai banchi avevano seguito la mia ingloriosa uscita.Non tornammo subito a casa. Dirce voleva seguire la processione, sostammo vicino ai parapetti; i cori, i profumi delle rose e dell'incenso salivano a farci compagnia. La cerimonia finì e ci avviammo verso casa. Volevo la mamma.Il mio vestito, inondato di lacrime, non danzava più e i petali delle rose della zia erano miseramente appassiti.
Racconto tratto dal libro "Il Muro dietro la Porta" Piazza Editore 2001. pag.125 Euro 7,75