Elisa Sala Borin
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Recensione a cura di Roberto Durighetto
Pubblicata su:Ignota nr. /2001   

Il muro dietro la porta di Elisa Sala Borin

Racconti autobiografici che toccano in profondità

Come un filo d'Arianna la memoria ricompone un tessuto sociale sempre più lacerato e attraversato da mille contraddizioni, offrendoci un aiuto prezioso per affrontare con senso di responsabilità e saggezza il labirinto della storia. Sono queste le prime considerazioni che ispira il delicato e garbato volumetto Il muro dietro la porta, scritto da Elisa Sala Borin e pubblicato dall'Editore Piazza (Silea, 2001).

I suoi racconti autobiografici non sono soltanto un viaggio dell'anima "alla ricerca del tempo perduto", disegnano nel loro minimalismo narrativo le tessere di un mosaico che bisogna proteggere e difendere pazientemente, se non vogliamo che il nichilismo e l'indifferenza distruggano o sconvolgano radicalmente i rapporti sociali. Penso, a questo proposito, alla "sacrale" immagine della madre, colta mentre mescola la polenta nel "calieron" e che "avvoltolata in un enorme grembiule, sembrava ancora pin minuscola". Come dimenticare poi il chiarore argenteo della luna piena che serviva da lume e quelle notti senza luna in campagna, "profondamente buie"?

Affidandosi alla sapienza del ricordo e ad un sottile e musicale lirismo, l'autrice ci racconta frammenti di vita che non sono la fuga in un'Arcadia inesistente, ma un omaggio commosso ad un mondo amorosamente cantato, proprio perché profondamente amato. Ne è prova il ritratto a punta di pennello della vecchia maestra, incontrata nel 1970 a Firenze. Elisa Sala Borin, al ritomo dal viaggio di nozze, si sente ancora sua allieva e raccoglie come un tesoro prezioso le sue confidenze. "Mi confidò che aveva tenuto un quaderno per ognuna di noi e che il nostro quinquennio le era rimasto nel cuore".

Il lavoro concepito come "missione", le passeggiate solitarie, il desiderio di rincontrare le sue vecchie allieve e il dono di un sorriso e di una parola amica per ognuna di loro, non sono delle vecchie foto ingiallite cui guardare con nostalgia. Ci parlano di una vita che si è fatta dono, di una squisita capacità di prestare attenzione alla qualità dei rapporti umani. Allo stesso tempo le sofferenze di Treviso, a causa dei bombardamenti del 7 aprile 1944, e il ricordo struggente del quindicenne Giuliano Benuzzi, annegato tragicamente mentre faceva il bagno nel Sile, ci consegnano il mistero del dolore umano cui solo uno sguardo fatto di pietà e di compassione sa dare risposta.

Di averci raccontato tutto questo, dobbiamo essere grati ad Elisa Sala Borin. Sta a noi adesso custodire questo patrimonio di valori e di ricordi non per fuggire dalla storia, ma per renderla più umana e vivibile e per saper contrapporre alla barbarie sempre possibile, l'impossibile linguaggio della gentilezza e dell'onestà. Nella consapevolezza che spesso sono proprio le pagine più delicate della memoria quelle che più ci commuovono e trasformano i nostri cuori.
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